“La mia mente, il mio corpo e io abbiamo tutti la stessa sede ma è come se fossimo tre persone del tutto diverse” – sconnessa (Rupi Kaur, Home Body, 2021)
Quante volte ci siamo ritrovati e ci ritroviamo a fare la guerra al nostro corpo, pretendendo da lui un’estetica migliore, una salute migliore, prestazioni migliori? Quante richieste irrealistiche gli facciamo chiedendogli di aderire a degli standard assoluti? Quanto giudizio e avversione gli riserviamo desiderandolo costantemente diverso da quello che è e stressandolo per diventare altro da sè?
E se invece scoprissimo che gran parte del modo di funzionare e di apparire del nostro corpo è un adattamento saggio e protettivo alle esperienze che abbiamo vissuto? Diventare curiosi riguardo alla nostra esperienza ci permette di premere il bottone “pausa” e rallentare le nostre reazioni automatiche, comprese quelle legate all’autocritica, che vanno invece a impedire un’esplorazione libera e potenzialmente arricchente volta alla comprensione di chi siamo e di come lo siamo diventati; rallentando ci apriamo poi a nuove possibilità di scelta rispetto a come agire, meno schiavi degli automatismi appresi con il tempo, creando le basi per un possibile cambiamento in direzione di chi vogliamo essere oggi.
Uno dei motivi che rendono spesso difficoltosa la costruzione di un rapporto nuovo e sano con il proprio corpo è la frequente disconnessione dallo stesso: nel corpo viene sentito sia il dolore fisico che quello emotivo e quando questo è troppo sgradevole o soverchiante è possibile che avvenga una disconnessione atta a proteggerci. Questo distacco può essere sano e d’aiuto al momento stressogeno, tuttavia da adattamento utile a una determinata circostanza potrebbe trasformarsi in un usuale modo non solo di reagire ma anche di esistere, diventando, da soluzione temporanea, una prassi consolidata. Potremmo arrivare a essere così tanto disconnessi dal nostro corpo da non prendercene più cura, scartando i segnali che ci indicano i bisogni di base (fame, sete, riposo), ignorando sintomi fisici che richiederebbero l’attenzione di un medico, abusando dello stesso con cibo o sforzo fisico eccessivo, farmaci inadatti, autolesionismo. Ma quando ignoriamo o diamo per scontati i segnali provenienti dal nostro corpo perdiamo l’opportunità di entrare in contatto con la sua innata saggezza, facendo affidamento solo alla nostra mente anziché attingere all’intelligenza somatica del qui-e-ora. È dunque importante allenare una riconnessione consapevole, gentile e costruttiva con il nostro corpo, partendo dalla comprensione e dall’accettazione di quegli aspetti che con il tempo abbiamo rinnegato o evitato.
Le nostre esperienze dolorose del passato possono interferire con la capacità di essere qui-e-ora anziché là-e-allora, portandoci all’abitudine di ignorare, reprimere o minimizzare la nostra esperienza del momento presente. Quando alcuni stimoli che ci riportano a esperienze sgradevoli attirano la nostra attenzione proiettandoci nel passato o nel futuro o quando ignoriamo cosa sta accadendo dentro di noi, l’osservazione consapevole e non giudicante della nostra esperienza interna (pensieri, emozioni, percezioni dei cinque sensi, impulsi ad agire/movimenti del corpo e sensazioni corporee) ci può aiutare a tornare al momento presente. Ed è proprio partendo dalla consapevolezza del modo di reagire del nostro corpo che possiamo imparare a conoscerne la saggezza, diventando sempre più in grado di attingere a questa intelligenza per risolvere i problemi del passato: il corpo infatti contiene non solo gli adattamenti alle esperienze più o meno disfunzionali che si sono vissute, ma anche le potenzialità per guarirli.
Qualsiasi nostra capacità, attitudine o interesse può essere vista come una risorsa se sostiene il nostro benessere, se ci aiuta ad affrontare le difficoltà della vita o a trovare sollievo nei momenti difficili. Quando stiamo vivendo una situazione grave o dolorosa utilizziamo in maniera istintiva le risorse che ci assicurano di superare il momento critico. Queste risorse, dette di sopravvivenza, ci aiutano a sopportare e/o affrontare qualunque cosa ci stia capitando: reazioni di attacco, fuga, immobilizzazione e sottomissione possono esserci state salvifiche durante eventi soverchianti o possono averci permesso l’adattamento alle richieste e aspettative del nostro ambiente d’origine, essendo state così importanti per la nostra sopravvivenza (fisica o psichica) da essersi poi tradotte in abitudini emotive, di pensiero, comportamentali e anche corporee. Ad esempio, stare sempre in allerta per possibili pericoli può essere stato fondamentale se esposti ad ambienti imprevedibili, portando ad adottare e mantenere nel tempo una postura rigida, le spalle sempre sollevate, l’attenzione sempre orientata al di fuori di sé alla ricerca di qualsiasi possibile minaccia; sviluppare una postura collassata, con spalle e schiena ricurve e testa rivolta verso il basso, può essere l’incorporazione di aspettative familiari volte all’obbedienza e al rispetto tramite l’accettazione ed esecuzione incondizionata delle richieste, con il divieto di essere assertivi. Questi adattamenti psicologici e somatici sono reazioni automatiche che ci hanno permesso di sentirci al sicuro pur in ambienti poco adeguati – anche se oggi potrebbero non esserci più d’aiuto o magari anche rappresentare un impedimento: accedere a questo cambiamento di prospettiva ci permette di promuovere un’esplorazione delle proprie modalità abituali, anche quelle che oggi ci procurano dei costi significativi, secondo un punto di vista di competenza piuttosto che di disapprovazione di sé.
Al riconoscimento della funzione di sopravvivenza che tali risorse hanno avuto nel nostro passato, è importante poi far seguire l’individuazione di risorse creative che oggi le possano sostituire in maniera più adattiva alle circostanze attuali, in favore del nostro benessere.
Esistono risorse di ogni tipo: relazionali, emotive, intellettuali, artistiche, spirituali… e, tra le varie, ci sono anche le risorse somatiche. Fin da piccoli, tutti ne sviluppiamo in maniera inconsapevole: un bambino può cercare sua madre per avere conforto con un abbraccio, oppure lanciare una palla più in alto che può e concentrare tutta la sua attenzione sul riafferrarla dopo aver appreso una brutta notizia, oppure ancora strofinarsi i piedi l’uno con l’altro se la maestra gli fa una domanda. Si potrebbero non riconoscere queste azioni come risorse somatiche, ma in realtà hanno tutte lo stesso scopo di regolazione emotiva. Da adulti poi continuiamo a impegnarci intuitivamente in azioni e attività fisiche percepite come confortevoli (es. sfregarsi il collo dolorante, fare stretching, fare una passeggiata). Un buon punto di partenza per conoscere le proprie risorse somatiche è quello di prendere coscienza di quelle che già si utilizzano, per scoprire quali posture, movimenti, gesti o attività ci fanno sentire bene. Una volta che si è a conoscenza di queste risorse somatiche naturali si riesce ad apprezzare meglio l’intelligenza del corpo e il modo in cui già sappiamo intuitivamente calmarci o attivarci “dal basso verso l’alto”. In questo modo, le risorse somatiche possono diventare da inconsapevoli a una fonte consapevole di supporto, disponibile ogni volta che ne abbiamo bisogno.
Tra i vari approcci terapeutici è in particolare la Psicoterapia Sensomotoria (Ogden e Fisher, Psicoterapia Sensomotoria, Interventi per il trauma e l’attaccamento, 2016) che si occupa di come il disagio e il dolore si manifestano nel corpo, andando poi ad attingere alle risorse somatiche (già esistenti o creandone di nuove) per favorire una migliore autoregolazione e promuovere un percorso di guarigione e cura di sè.
Di seguito un elenco delle diverse risorse somatiche esistenti:
Risorse di centratura: la centratura è la capacità di riconquistare il senso di essere collegati con noi stessi quando siamo “fuori centro”, la capacità di ristabilire il contatto con la “casa dentro di noi”. Risorse somatiche di centratura implicano la localizzazione e la percezione del centro fisico di gravità nel corpo, che si trova circa dieci centimetri sotto l’ombelico. L’auto-contatto può aiutare a collegarsi con il proprio centro di gravità: mettere le mani sul basso ventre, portando la piena consapevolezza verso le mani mentre ci si tocca la pancia, è una risorsa di centratura. Allo stesso modo si può sperimentare che effetti produce mettere una mano sul cuore, o una sul cuore e una sulla pancia, o ancora tenere un cuscino a contatto con queste zone del corpo.
Risorse di contenimento: saper mettere dei confini è essenziale nella nostra vita quotidiana quando si tratta di fare delle scelte, così da proteggere noi stessi e prendere decisioni coerenti con le nostre preferenze, i nostri bisogni, diritti e desideri, mentre manteniamo i legami e rispettiamo i confini degli altri. Senza buoni confini potrebbe sembrare che non ci sia scelta se non mostrarsi accondiscendenti, sopportando violazioni ripetute, o viceversa porre aggressivamente dei limiti o ritirarci dal contatto con l’altro. Per costruire dei confini sani è essenziale sviluppare un senso percepito nel corpo di ciò che psicologicamente ci abita dentro (emozioni, preferenze, bisogni, desideri ecc.) – per poi poterlo comunicare agli altri in modo verbale e non. I confini sono sia confini fisici (quanto fisicamente vicino o lontano vogliamo stare rispetto a un’altra persona, con contatto o meno ed eventualmente di che tipo) che confini interni (processi interni come pensieri ed emozioni che permettono di distinguere ciò che è nostro da ciò che appartiene agli altri, oltre a distinguere ciò che è nutriente e piacevole da ciò che è spiacevole o dannoso). Confini sani hanno la caratteristica di essere forti ma flessibili. Le risorse di contenimento sono ciò che ci aiuta a intuire il contenitore fisico dei nostri corpi e dunque i suoi confini, formati dalla pelle e dai muscoli superficiali. Lavorano in due modi: in primis ci permettono di contenere fisicamente ciò che proviamo, dandoci il tempo di regolarci prima di esprimere noi stessi. Ad esempio, i bambini spesso si calmano quando sono fasciati bene e molti adulti cercano la stessa sensazione abbracciandosi, avvolgendosi in una coperta oppure raggomitolandosi. In secondo luogo le risorse di contenimento ci permettono di decidere quanto o quanto poco esprimere ciò che sentiamo, regolando automaticamente la nostra espressione in base alle risposte di chi ci circonda e ai nostri stati interni. Si può allenare questa risorsa somatica ad esempio usando le mani per stringere i muscoli in tutto il corpo, così da percepirne i confini, o tendere i muscoli per sentire il nostro contenitore esterno indurirsi, o ancora comporre un confine tangibile e simbolico intorno al proprio corpo usando degli oggetti per percepire il confine che sembra più idoneo e sicuro per noi.
Risorse di radicamento (grounding): eventi dolorosi o traumatizzanti della nostra vita possono portare a farci sentire di aver “perso la base”, sradicandoci e portando l’energia somatica verso la parte alta del corpo, andando a danneggiare il senso di sicurezza da cui otteniamo il sostegno per riuscire a muoverci nel mondo interagendo con gli altri. Il grounding è la capacità di dirigere l’energia somatica verso terra e portare la consapevolezza verso le gambe e i piedi in modo da aumentare la sensazione profonda di avere una base fisica di sostegno, una connessione con la terra che viene dalla forza di gravità. Il radicamento fornisce un sentimento di solidità e stabilità sia fisica che psicologica.
Risorse di movimento: a seguito di eventi dolorosi, potrebbe succedere l’opposto dello sradicamento, di diventare cioè troppo radicati: essere così solidi, appesantiti, fissi e inamovibili al punto che ci manca la flessibilità e la leggerezza per vivere con agio. In questo caso possono essere più utili delle risorse di movimento che possono aiutare a spingere l’energia verso l’alto o a percepire flessibilità e leggerezza (es. camminare, ballare, correre, saltare). In generale, risorse di movimento possono essere di ogni tipo, utili per finalità differenti, tutte aventi a che fare con il benessere: accarezzare o strofinare parti del corpo, allungare distretti corporei, dondolarsi…
Allineare il nucleo centrale: il nostro senso di benessere è fortemente legato al nucleo centrale del corpo, colonna vertebrale e muscoli circostanti, e in particolare al loro allineamento. L’esposizione a eventi traumatici o ad ambienti disfunzionali promuove adattamenti posturali in risposta al pericolo, al rifiuto o a condizioni critiche. La colonna vertebrale e il nucleo del corpo di conseguenza possono collassare, crollare o cadere, o viceversa irrigidirsi eccessivamente. Il modo in cui portiamo e teniamo il nostro corpo è ricco di significati, esercita una forte influenza sulle emozioni e sul benessere e trasmette agli altri il nostro stato d’animo e le nostre convinzioni. Per sostenerci, sia fisicamente che psicologicamente, abbiamo bisogno di stabilità e flessibilità nel nostro nucleo centrale. Esercizi che aiutano l’allineamento possono prevedere ad esempio la rotazione delle spalle o l’allungamento del nucleo centrale.
Respirazione: la respirazione è fondamentale per la vita. La capacità di bilanciare automaticamente i gas implicati nella respirazione (ossigeno e anidride carbonica) è uno dei tanti esempi della saggezza miracolosa del corpo: la nostra respirazione risponde automaticamente alle esigenze metaboliche e regola continuamente la nostra energia e il nostro livello di attivazione. Esperienze dolorose possono portare ad abitudini di respirazione alterate (es. una respirazione superficiale, una tendenza cronica a trattenere il respiro), non riuscendo a bilanciare adeguatamente inspirazione ed espirazione. La nostra frequenza respiratoria può essere troppo veloce o troppo lenta o i nostri muscoli respiratori possono essere troppo tesi o troppo flaccidi per promuovere un modo sano di respirare. Anche se modi differenti di respirare sono appropriati in circostanze diverse, siamo più sani, tendiamo a vivere più a lungo e a sentirci complessivamente molto meglio quando siamo in grado di respirare in modo pieno ed equilibrato, con un respiro profondo, regolare, continuo e agevole.
Ricordi positivi come ancoraggi somatici: attingendo alla mindfulness, si potrebbero scoprire risorse somatiche ricordando momenti in cui ci si è sentiti calmi, competenti, al sicuro o buoni: notare consapevolmente ciò che accade nel corpo quando si pensa a queste esperienze può creare un ancoraggio somatico per contattare queste sensazioni anche nel presente, diventando per noi una risorsa a cui attingere ad esempio nei momenti in cui ci sentiamo inadeguati, incompetenti ecc.
Risorse somatiche esterne: le risorse descritte finora sono considerate risorse interne (sono capacità che risiedono dentro di noi); tuttavia possono essere esplorate anche le risorse esterne (che si trovano nell’ambiente). Sono risorse somatiche esterne tutte quelle che hanno a che fare con la stimolazione sensoriale: bagni caldi, massaggi, profumi piacevoli, suoni, cibi o consistenze degli alimenti, stimolazione tattile tonificante o rilassante, la sensazione di un tessuto morbido al tocco… Si può progettare di ridurre o aumentare particolari tipi di stimolazione sensoriale come risorsa somatica (es. potrebbe risultare calmante sedere in una stanza buia, indossare tappi per le orecchie o viceversa ascoltare musica vivace per ottenere un effetto energizzante). Inoltre, tutti i tipi di attività fisica che richiedono un’interazione con l’ambiente possono fungere da risorsa somatica esterna: ogni tipo di sport, accarezzare un animale, stringere a sé qualcuno a cui si vuol bene, fare giardinaggio…
Dunque, il nostro corpo diventa spesso per noi un campo di battaglia: lo critichiamo, lo desidereremmo diverso, gli chiediamo di fare cose che sono assolutamente insostenibili… eppure, quante cose è in grado di fare? A quante sfide è dovuto sopravvivere? In quanti modi assolutamente creativi si è adattato a tutte le circostanze in cui si è ritrovato e al modo in cui lo abbiamo trattato? Quante risorse nascoste e innovative contiene al suo interno, se ci diamo la possibilità di scoprirle? E quante cose ha continuato a permetterci di fare pur giudicandolo, detestandolo, non riuscendo ad apprezzarlo, dimenticandocelo? Il punto è su che cosa scegliamo di rivolgere la nostra attenzione: potrebbe essere rivoluzionario passare dal focalizzarci sugli aspetti del corpo che non ci piacciono o ci limitano a notare ciò che di straordinario ogni giorno fa per noi, praticando quotidianamente un po’ di gratitudine nei suoi confronti.